
Scatta l'allerta nei supermercati - fluon.it
Un recente studio italiano ha acceso un nuovo allarme in tutta Italia riguardo alla presenza di acrilammide in uno degli snack più amati.
Scatta una nuova allerta alimentare. L’attenzione è rivolta soprattutto ai più piccoli, i consumatori più vulnerabili a causa della loro maggiore esposizione in rapporto al peso corporeo.
Questa sostanza, potenzialmente cancerogena, è al centro di un’indagine approfondita realizzata dall’équipe dell’Università Federico II di Napoli, che ha analizzato diverse tipologie di snack vegetali pronti al consumo.
L’acrilammide: un rischio sottovalutato negli snack vegetali
L’acrilammide è una sostanza che si forma naturalmente durante la cottura ad alte temperature (superiori a 120 °C), in particolare attraverso la reazione di Maillard, responsabile del caratteristico colore e sapore dei cibi fritti o al forno.
Classificata dallo IARC come “probabilmente cancerogena per l’uomo” (gruppo 2A), questa sostanza è associata non solo a rischi oncologici ma anche a effetti neurotossici e possibili danni alla fertilità maschile.
Per contrastare questo rischio, l’Unione Europea ha stabilito limiti di riferimento nel Regolamento 2017/2158, con valori massimi per esempio di 750 μg/kg nelle patatine e 350 μg/kg nei biscotti. Tuttavia, la ricerca condotta dall’équipe del professor Alberto Ritieni, recentemente scomparso ma la cui eredità scientifica continua a vivere grazie ai suoi collaboratori, ha evidenziato livelli preoccupanti di acrilammide in molti prodotti.
Analisi approfondita: 36 campioni di snack vegetali esaminati
Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Food Control (Elsevier), ha coinvolto l’analisi di 36 campioni di chips vegetali reperibili sul mercato italiano, comprendenti:
- 20 campioni di patate
- 12 campioni di mais
- 2 campioni di lenticchie
- 1 campione di banana
- 1 campione di mix vegetali (carote, barbabietole, pastinaca)
La metodologia applicata ha previsto tecniche avanzate di cromatografia liquida e spettrometria di massa, che hanno mostrato una variabilità significativa dei livelli di acrilammide. Le chips di patata si sono rivelate le più critiche, con una concentrazione media di 177 μg/kg e punte vicine al limite europeo di 750 μg/kg.
Le chips di mais, lenticchie e banana hanno mostrato valori inferiori, mentre il mix vegetale ha evidenziato un contenuto di 139 μg/kg, un dato sorprendentemente alto per quanto riguarda prodotti non a base di patata.
Bambini e adolescenti sotto osservazione: il rischio maggiore
Il rischio è stato calcolato considerando i dati ufficiali di consumo alimentare italiani (studio INRAN SCAI IV), attraverso il Margin of Exposure (MoE), parametro che valuta la pericolosità di un contaminante: valori inferiori a 10.000 indicano un potenziale rischio cancerogeno secondo l’EFSA. Lo studio ha evidenziato che:

- I bambini tra i 3 e i 9 anni presentano un MoE inferiore a 10.000 per le patatine e i mix vegetali, segnalando un rischio rilevante.
- Anche gli adolescenti mostrano un’esposizione significativa, benché inferiore rispetto ai bambini.
- Negli adulti il rischio risulta più contenuto, grazie a un consumo medio inferiore rispetto al peso corporeo.
La dottoressa Luana Izzo, responsabile del FoodLab del Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II e coautrice dello studio, ha spiegato come la formazione di acrilammide dipenda dalla presenza di amido e asparagina, sostanze particolarmente abbondanti nelle patate, e dal tipo di cottura: la frittura favorisce maggiormente la formazione del contaminante rispetto alla cottura al forno o all’estrusione.
Innovazioni tecnologiche e prospettive future
Un aspetto interessante evidenziato dalla ricerca riguarda i prodotti estrusi, come i Fonzies, che vengono cotti tramite un processo di estrusione a temperature più basse (100-120 °C), riducendo così la formazione di acrilammide. Questa tecnica industriale, che utilizza energia meccanica e pressione, potrebbe rappresentare una strada promettente per limitare l’impatto di questo contaminante.
Nonostante la riduzione dei livelli medi di acrilammide nelle patatine osservata a livello europeo negli ultimi anni, grazie alle normative comunitarie, la variabilità rimane molto ampia, influenzata dalla materia prima, dalle modalità di conservazione e dal metodo di cottura.
L’équipe ha voluto dedicare il lavoro scientifico al professor Alberto Ritieni, sottolineando come il suo contributo sia stato fondamentale per il progresso nella comprensione e nel monitoraggio di questo contaminante nella filiera alimentare italiana. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto importante, ma il suo lascito continua a guidare le ricerche e le strategie per la sicurezza alimentare.