Punti di Vista

FLUOSTYLE

15/07/2010

testo critico di Giovanni Faccenda

Pallido e lunare, Andy è uno di quei personaggi che penseresti immaginari nelle pagine di un libro di Francis Scott Fitzgerald o Jack Kerouac. Data la mia assoluta ignoranza in materia, nulla ho da dire riguardo al musicista che mi dicono colto e ricco di talento. Al contrario – in un modo che a qualcuno potrà anche apparire curioso – confesso la mia ammirazione per il pittore che conobbi, per caso, qualche anno fa nello studio di Marco Lodola. Fin da allora, limpido mi apparve lo straripante sentimento che ardeva in lui per la pittura. E sebbene, in quel frangente, egli mi parlasse della sua predilezione per artisti così distanti, in fondo, dal suo lavoro, già si capiva che quel folletto – un po’ Bowie, un po’ Lichtenstein e un po’ l’Haring ultimo di Pisa – avesse qualcosa di vero da scrivere, con un proprio caleidoscopio d’immagini, nel grande libro della «nuova» pittura: quella del terzo millennio. Oggi, più che mai convinto dell’urgenza insopprimibile che abita il cuore e la mente di Andy, torno ad affermare la necessità di attendere, con curiosità, i frutti – in futuro certo ubertosi – di un simile, ostinato impegno. E mentre auspico il ritorno a quell’Andrea Fumagalli, che certo basta e si basta da solo, invito coloro che guardano le sue opere a dimenticare, per un attimo, chi ne sia l’autore, in modo da sfuggire al pericoloso contagio di quella dietrologia che, finora, ha consentito di vedere soltanto una più piccola e marginale parte del suo singolare estro.