Punti di Vista

"FLUON CAPRICCIO"

18/10/2008

testo critico di Igor Zanti

Opera new pop in due atti

 Tele, colori e quadri di Andy

Libretto di Igor Zanti

Prima esecuzione 18 ottobre 2008 presso la Zaion Gallery di Vienna

 

Overture:

 

Dal dizionario della lingua italiana De Mauro:

 

ca|prìc|cio
s.m.
1a desiderio improvviso e bizzarro ma di breve durata: soddisfare, levarsi un c., è solo un c.|ostinazione, puntiglio: desiderare qcs. per c.
1b bizza improvvisa e spesso immotivata tipica dei bimbi: c. infantile, fare i capricci
1c estens., amore superficiale e di breve durata, infatuazione passeggera
2 evento strano, bizzarria: i capricci della fortuna, della natura
3a  mus., componimento strumentale in uso dal sec. XVII, a schema libero, di carattere estemporaneo e fantasioso: i capricci di Paganini
3b  arte, nella letteratura e nelle arti figurative, spec. dei secc. XVI e XVII, invenzione bizzarra e fantasiosa, ricca di originalità
4  arred., mantovana drappeggiata, spec. ornata con due bande che ricadono ai lati
5  raccapriccio, ribrezzo

 

Si potrebbe pensare che, dovendo parlare di un artista come Andy, calato in maniera totale nella contemporaneità, un riferimento iniziale ad una genere pittorico che raccolse ampi consensi a partire dalla seconda metà del XVI secolo, sia una superflua ed inutile pomposità, una di quelle divagazioni falsamente ricercate che noi critici siamo molto bravi nell’usare per celare la nostra perenne mancanza di idee.

Vi confesso però che non sto giocando sporco, non sto menando il can per l’aia, cercando di raggiungere le agognate 5000 battute commissionatami, che mi permetteranno di raggiungere gloriosamente l’ufficio postale per pagare la bolletta del gas -abbiate comunque pietà di me l’inverno si avvicina e il riscaldamento autonomo langue- ma questa volta, almeno questa volta, sono convinto di quello che sto scrivendo… e comunque, come dicevano gli antichi: semel in anno licet insanire.

 

Per il tempo che mi concederete, per l’attenzione che vorrete dedicarmi cercherò di spiegarvi come un pittore di Monza, prestato alla musica, che assomiglia a David Bowie, che è cresciuto disegnando e suonando, che, da bravo ragazzo nato negli anni 70, ha mangiato pane, nutella,  , sofficini, cartoni animati e telefilm, sia riuscito a riunire, idealmente, nella sua arte la galleria degli italiani del museo del Louvre e il salone degli specchi di Versailles, Sofia Coppola e Vivienne Westwood, Mozart e Cristina d’Avena, Warhol e Murakami, divenendo- e non sono io solo a dirlo, così non mi taccerete di imparzialità- uno dei più interessanti giovani artisti italiani ed uno dei portabandiera della cultura new pop.

 

Atto I

Scena I : Varie gallerie italiane ed internazionali. Si sta svolgendo un vernissage, alle pareti opere di Andy,  molta gente osserva le opere bevendo champagne da flute di cristallo, un pingue curatore si aggira solitario osservando i quadri pensieroso.

 

Curatore: Da tempo osservavo di nascosto il lavoro di Andy. Ne avevo sentito parlare, nella maggior parte dei casi positivamente, dai miei colleghi, però, per quella dose di sano snobismo e supponenza intellettuale che ti iniettano appena entri in un qualsiasi istituto universitario di storia dell’arte e dalla quale ormai credo di essere completamente disintossicato, anche se il mondo dell’arte contemporanea è pieno di pusher di questa particolare droga, ero molto scettico nel prendere in considerazione il suo lavoro, storcevo il naso sull’idea che un musicista di successo come Andy potesse anche essere un artista di qualità. Fra l’altro, a posteriori, dopo essermi disintossicato,  mi viene da sorridere di fronte a questo mio stupido scetticismo,  pensando a come il Buonarroti, oltre ad essere un artista completo, fosse anche un ottimo scrittore, o al caso di Leonardo, per il quale la definizione di artista sarebbe inequivocabilmente riduttiva, o, per ricordare qualcuno più vicino a noi,   Enrico Baj in Italia o Julian Schnabel e Greenaway oltre i patri confini.

Il suo lavoro comunque mi attraeva, mi piaceva l’uso sfacciato del colore, l’utilizzo delle lampade blu per far risaltare la fluorescenza dei toni, l’aspetto a tratti nostalgico e spettacolare delle immagini e, soprattutto, avevo cominciato ad apprezzare l’intento quasi invasivo della sua arte, quella tendenza a inglobare gli oggetti e i luoghi che gli stanno intorno.

Il momento della svolta, che mi ha portato a pensare ad Andy come un artista prestato alla musica e non il contrario, è stato quando, nella primavera di quest’anno, facendomi largo tra una ressa impressionante di vip e pseudo vip legati al mondo dello spettacolo, sono riuscito a raggiungere l’ingresso di una piccola ma molto nota galleria milanese, dove era in corso una personale di Andy. In quel momento la prima sensazione che ho avuto è stata che  Andy e la sua arte fossero scoppiati come imprigionati dentro una enorme bolla per invadere lo spazio, per occuparlo e farlo totalmente loro. Non avevo più la galleria intorno a me, ma avevo Andy nella sua fluo-essenza. Ho capito che era l’uomo per me, fatto apposta per me, che sarebbe diventato, nella mia personale idea di fare arte, uno dei cavalieri che vanno per il mondo  alla ricerca del Graal del new pop.

 

Atto II

Scena I: lo studio di Andy. Tavoli da lavoro cosparsi di opere e pennelli colori e tele. Molti quadri alle pareti.

 

Curatore: L’idea di questa mostra, intitolata Fluon Capriccio, è nata nello studio di Andy osservando le sue opere. Per quanto siano profondamente contemporanee e si scorga una evidente e dichiarata influenza degli spunti derivanti dalla cultura new pop, vi è allo stesso tempo un accento che ci riporta alla memoria la pittura antica, la cultura del XVI e XVII secolo. E’ evidente nei lavori di grandi dimensioni una monumentalità che si ricollega alle pale d’altare della tradizione rinascimentale, e una ricerca iconografica e compositiva che si rifà direttamente al concetto di capriccio nell’arte .

Come abbiamo visto, per capriccio, nelle arti figurative, si intende una composizione dove elementi immaginari vengono avvicinati a elementi reali per dare vita a raffigurazioni che, pur essendo plausibili, sono un frutto della fantasia e della creatività  dell’artista. In questo senso Andy propone un riedizione di questo concetto sfasando oltre che la realtà dei soggetti ritratti, anche il rapporti dimensionali. Si nota infatti una ricerca di diversi piani e di diversi punti di vista che conferiscono alle opere una sensazione di spaesamento psichedelico.

E’ interessante, a mio parere, analizzare da un punto di vista iconografico il lavoro del nostro artista: nelle sue opere, infatti, confluiscono elementi derivanti dalla cultura dei cartoons, delle serie tv, dalle icone della società contemporanea, con una forte attenzione, a tratti un po’ nostalgica, per l’immaginario legato alla cultura degli anni ottanta.

La veneziana Vergine dei Frari del Tiziano campeggia su  una ipotetica e ironica pala d’altare dove le figure dei santi adoranti sono sostituite da Wonder Woman, eroina della DC comics, da Supercar e dal più nostrano Telegattone, insostituibile compagno d’avventura di Maurizio Seimandi. La Vergine dell’Annunciazione di Leonardo utilizza un pc per ricevere il messaggio dell’Arcangelo Gabriele -sono sicuro che questa interpretazione sarebbe piaciuta da impazzire al maestro Da Vinci- e Kristen Dunst, Maria Antonietta per volere Sofia Coppola, dialoga in una tela dedicata al trascorrere del tempo, con il suo omologo settecentesco e con il suo ritratto manga tratto dal cartoon Lady Oscar.

Si può trovare proprio nella ricerca attuata da Sofia Coppola nella sua pellicola dedicata a Maria Antonietta dei contatti con il modo di fare arte di Andy. In entrambi è infatti presente il concetto del recupero del passato in chiave contemporanea, ma non in senso dissonante, bensì evidenziando quali siano, a livello universale, gli elementi sociali, umani e culturali che legano le varie epoche tra di loro. In questo senso è importante notare come proprio il XVIII secolo, epoca in cui è vissuta la sfortunata e mitica regina di Francia e in cui il genere del capriccio ebbe il suo massimo sviluppo nelle arti figurative, sia il secolo che ha  dei contatti maggiori con la nostra epoca.

Andy si rapporta con un passato a tratti prossimo ed a tratti remoto rileggendolo  in maniera ironica, raccogliendo e reinterpretando tanto l’eredità di Marcel Duchamp e della pop art quanto quella della tradizione artistica italiana

 

Questa mostra -per concludere il mio assolo con un do di petto- dimostra appieno che Andy, in questi anni di ricerca e sperimentazione, ha raggiunto una compiuta maturità artistica che gli permette di presentarsi, sulla scena artistica internazionale, come una delle figure più interessanti e curiose dell’arte contemporanea italiana

 

Scusa Andy, questa volta ho cantato solo io…